otto manichini bianchi

Immagini & social. La trasformazione dell’uomo in manichino

Come i social network influenzano consumi e stili di vita soprattutto tra i giovanissimi. Il marketing di influenza, u capolavoro del consumismo e la morte della libera scelta e della fantasia.

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Il bisogno umano di apparire per essere accettati. Il sistema di marketing legato ad una visione dell’econonia globale incentrata sul consumo. Internet e i social network. Tre ingredienti che, messi insieme, hanno inevitabilmente ed evidentemente modificato le abitudini quotidiane di tutti.

Prendiamo solo l’esempio Italiano. Tre su cinque sono attivi sui social per almeno 2 ore al giorno e lo fanno il larga maggioranza utilizzando devices mobili come smartphone e tablet (fonte wearesocial.com). Una full immersion nel mondo dell’apparire dove tutti sentiamo il bisogno di far conoscere agli altri “a cosa stiamo pensando” e filtriamo i contenuti da condividere in modo da costruire e dare agli altri un’immagine di noi stessi che risulti appagante ma che non corrisponde necessariamente alla realtà. Più di frequente rispecchia il desiderio di ciò che si vorrebbe essere ma che in realtà non si è.

Sebbene alcuni social siano utilizzati per scopi come l’aggiornamento di notizie, i rapporti con la propria cerchia sociale reale (per la quale si abusa della parola “amici”), la condivisione di testi, il lavoro o l’attività commerciale, la messaggistica e altri scopi più o meno ludici, altri sono strutturati più per la condivisione di immagini e videoclip. Sono quelli in crescita esponenziale come Instagram e tik tok soprattutto tra i giovanissimi.

Le immagini quindi sono al centro di tutto ed esasperano il bisogno di apparire a livelli altissimi condizionando abitudini alimentari, agonistiche e perfino chirurgiche pur di inseguire la perfezione, o meglio l’immaginario soggettivo di perfezione. Si sono sprecati articoli e studi sui selfie e sui meccanismi psicologici e sociali che spingono le masse alla condivisione compulsiva di autoritratti. In realtà siamo decisamente oltre. La voglia di apparire ed aumentare il consenso social (leggasi followers) inevitabilmente apre a scenari patologici legati ai disturbi alimentari (soprattutto nelle donne), problemi psicologici e rende più facili gli adescamenti da parte di malintenzionati che oltre alla facilità di interazione protetta dall’anonimato dispongono di una scelta di potenziali vittime pressoché illimitata. Se come dicevo, ad utilizzare questi nuovi strumenti sono soprattutto i giovanissimi, capite che siamo di fronte ad un problema serio.

Ma questi sono aspetti, rilevantissimi, che semmai analizzerò in un post ad hoc. Vorrei invece concentrarmi sugli effetti del marketing e del consumo nei social di immagini. Per capire bene il recinto dentro il quale stiamo ragionando è utile ripassare i denominatori comuni di tutti i social non di messaggistica. Una rete di followers, un sistema di like ed un altro di share. Più la nostra immagine è conforme al modello cui si sta puntando (bellezza, abbigliamento, sport, simpatia, arte, politica ecc.) più aumentano i like, le condivisioni e di conseguenza i followers in una spirale ascendente. Bisogna essere abili a difendere una sorta di “reputazione” e nello stesso tempo essere costanti e produttivi per continuare a crescere.

Questo meccanismo ha inventato un nuovo modello di notorietà capace di raggiungere quotidianamente milioni di persone e di questo i big del consumo se ne sono accorti benissimo. Sono nate professioni come il travel blogger o il fashion blogger ovvero persone che attraverso un blog associato ad attività sui social forniscono recensioni accurate su commissione del fornitore di quel prodotto o servizio.

Ma sicuramente tutti avrete sentito parlare dell’influencer. Per essere influenti sui social network bisogna avere almeno centinaia di migliaia di follower. Il marketing di influenza (una nuova branca del marketing) nata negli ultimi anni sfrutta il binomio social-influencer e si stima che oggi stia già muovendo un giro di affari globale di oltre 1 mld di dollari all’anno.

Ma come funziona? In pratica gli utenti social con maggiore notorietà e in ascesa vengono notati da società o manager o cacciatori di teste per sponsorizzare un prodotto o una linea di prodotti senza che il visitatore si renda conto che si tratti di pubblicità. Ad esempio lo sportivo con milioni do followers indossa le maglie tecniche della stessa marca mostrando sempre il logo in bella vista. I followers, verosimilmente amatori di quello sport e comunque fan del personaggio, saranno spinti incoscientemente ad acquistare quel marchio. Ma anche la bella ragazza, sconosciuta fino al giorno prima ai media tradizionali, dall’alto dei suoi 800.000 followers è molto interessante agli occhi di marchi di gioielli, abbigliamento e accessori. È sufficiente che indossi lo sponsor senza mai nominarlo per influenzare migliaia di persone che la vedono come un modello. Questa cosa già esisteva in TV e sulla carta stampata ma il meccanismo social è capace di raggiungere un pubblico più ampio e meglio selezionato per il tipo di prodotto.

Capite che questo sistema è molto più efficace e probabilmente più economico della pubblicità “dichiarata” su giornali, manifesti, TV, ma anche su internet e social. Il meccanismo subdolo suscita nell’osservatore, spinto dal desiderio di apparire e invidioso del consenso altrui, la voglia di imitare. Molti dei followers semplicemente vogliono apparire come lui/lei e non avrebbero scelto quel prodotto se lo avessero visto in un normale spot o pubblicità su social. Questo sistema di marketing senza la dichiarata volontà di convincerti ad acquistare il prodotto, a differenza di un post a pagamento con una immagine ben costruita, funziona. Una volta era considerata pubblicità occulta, ed in TV ancora è così se a farlo non sono gli ospiti, ma sui social network è consuetudine.

Quindi arriviamo al punto. Questa voglia di apparire spinta dalla nostra cultura fatta di icone, la potenza e la portabilità dei social network e il marketing stanno trasformando le giovani generazioni in manichini viventi messi in bella mostra a milioni di persone a loro volta, in buona parte, aspiranti manichini viventi inconsapevoli. Ragazzi influenzati dal social-VIP ad acquistare la tal maglia e che a loro volta ne danno sfoggio sui loro canali con lo scopo di apparire come il VIP alla loro ristretta cerchia di followers e così via.

L’uso dell’uomo fuori dallo spot, in condizioni che sembrano momenti di vita normali, con la rete capace di raggiungere in un istante la maggioranza delle persone. E i ragazzi spinti da questa ossessione di essere accettati a tutti i costi da questi modello di società e disposti quasi a tutto per avere l’oggetto sfoggiato (apparentemente per gusto o scelta personale) dal proprio idolo al fine di mostrarsi a loro volta allineati al modello di riferimento.

Il capolavoro del consumismo e la morte della libera scelta e della fantasia.

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