Due ambulanze in sosta di fronte alla sede del servizio di emergenza territoriale

La vera riforma è rendere il 118 un servizio Ministeriale.

Il modello di riforma attualmente in corso prevede la destinazione esclusiva del personale al sistema 118. A quel punto sarebbe inutile dal punto di vista organizzativo e più costoso mantenere il servizio decentralizzato alle regioni.

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In questo giorni si discute di riforma del sistema 118. La proposta, tra vari aspetti interessanti, sembra un tentativo di strutturare e dispensare incarichi di dirigenza ma sempre nel recinto della sanità regionale. L’attuale modello rende anche perché personale e competenze ruotano o sono comunque “comunicanti” in molti aspetti nel sistema delle AUSL.

Peraltro, la recente emergenza COVID ha sollevato molti dubbi sull’autonomia sanitaria regionale che, è utile ricordare, è attualmente regolata dalla Costituzione.

Ha fronte di ipotesi che mirano ha rendere il personale del 118 destinato esclusivamente al servizio di emergenza sanitaria e considerato ancorché si tratti di servizio sanitario, che è pur sempre un servizio di soccorso pubblico specialistico così come il Corpo Nazionale dei vigili del Fuoco. A questo punto non si comprende per quale motivo non renderlo un servizio Ministeriale ovvero un Servizio centrale dello stato in capo agli Interni, parallelamente ai VVF oppure, coerentemente, direttamente sotto al Ministero della Salute.

Una centralizzazione del servizio, oltre a imporre la latitante uniformità del servizio porterebbe indubbi risparmi economici rispetto al totale della spesa attualmente sostenuta dalle singole regioni, permettendo quindi di dare al servizio una struttura più articolata e complessa. Cioè quello che vorrebbero gli sponsor dell’attuale proposta di riforma mantenendo comunque la frammentazione regionale.

Il risparmio verrebbe in misura maggiore nella centralizzazione degli acquisti che oggi avvengono nelle realtà più virtuose in tal senso a livello regionale ma in diverse regioni molti acquisti di beni e servizi costosi sono regolati dalle singole AUSL.

Si pensi ad esempio all’acquisto dei mezzi di soccorso, delle uniformi, dei DPI, dei presidi medici, dei costosi elettromedicali, borse, zaini e accessori vari, dei contratti di manutenzione hardware, software, telefonia e radiocomunicazione, degli appalti sui servizi di elisoccorso e di molti altri aspetti minori. Tutti sono attualmente decisi e acquistati dalle singole regioni o dalle singole AUSL determinando un inevitabile aumento del costo unitario rispetto ad un acquisto centralizzato a livello nazionale.

Ecco quindi che le enormi cifre che si andrebbero a recuperare possono essere viste non come un risparmio da utilizzare in altri capitoli di spesa dello stato, ma come l’opportunità di creare una struttura ampia e articolata in grado di governare il sistema 118 nazionale, uniformandone linee guida, assetti e compiti ma nello stesso tempo capace di rendere il sistema solido, inter-operabile tra una regione e l’altra e capace di garantire standard elevati ed uguali per tutti. Compresi i dipendenti.

È per questo che secondo il sottoscritto non ha senso articolare il sistema in strutture dipartimentali e territoriali che rispecchiano l’attuale modello regionale aumentando soltanto le posizioni di comando.

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