stazione di milano fuga da epidemia coronavirus

Le responsabilità della fuga da Milano e dalla Lombardia.

Talpe Governative e giornalisti in cerca di notorietà non si rendono minimamente conto dei danni che la diffusione anticipata del DPCM potrebbe aver causato all’intera nazione.

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Ieri sera una indiscrezione di stampa (confermata) ha scatenato il panico e dato vita ad un fenomeno pericolosissimo in corso di epidemie conosciuto come “effetto Kaffa” dalla storia della diffusione della peste nera del 1300 che ha visto nelle dinamiche avvenute nella città della Crimea (l’attuale Feodosia), l’impulso alla diffusione della peste dall’oriente al continente Europeo.

Il decreto è stato firmato nella notte (TESTO) e riporta l’allargamento della zona rossa con il forte inasprimento di misure restrittive e soprattutto della libertà di spostamento delle persone. Misure che ritengo personalmente necessarie e tardive visto l’evoluzione della situazione ma confido che la scelta sia stata, oltre che sofferta, studiata nei modi e nei tempi dagli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità di cui mi fido ciecamente. Misure che naturalmente avrebbero scatenato il panico. Anticiparne l’uscita ha semplicemente favorito la corsa alle stazioni e lo avrebbe capito anche un bambino.

Ci sono a mio avviso delle gravi responsabilità su quanto accaduto è lo stesso Presidente Conte si è mostrato durante la notte visibilmente irritato per la fuga di notizie che ha prevedibilmente scatenato il panico dando vita a due pericolosi fenomeni. La fuga verso il centro e sud Italia in massa di persone residenti nelle zone rosse, persone che per definizione si trovano potenzialmente a rischio di essere entrati in contatto con il virus, avvenuta con mezzi di trasporto pubblico saturi di passeggeri.

Le responsabilità partono da chi, tra le persone vicine agli esponenti di governo ed agli uffici dei Ministeri ha avuto l’idea folle di passare la bozza del decreto ai giornali. Ma le responsabilità sono anche di tutti i giornalisti e dei giornali che non hanno perso tempo a renderle pubbliche e darne risonanza. Non so se si rendono conto del danno che potenzialmente rischiano di aver causato. Sperando che gli effetti non siano cosi disastrosi, tra otto giorni sarò comunque qui a ricordarglielo e spero vivamente che anche dal Governo vengano prese le misure adeguate sia per prevenire fatti del genere in futuro che per individuare e punire chi si è reso responsabile del fatto.

L’eventuale impennata dei casi tra 8-10 giorni al centro e sud Italia sarà da attribuire quasi totalmente a questa assoluta mancanza di responsabilità sia di chi dovrebbe assicurare la riservatezza al solo fine di garantire la sicurezza nazionale che di chi dovrebbe selezionare le notizie da dare per non creare allarmismi. Situazione già successa nel corso di questa epidemia e per la quale i giornalisti avevano pubblicamente riconosciuto delle responsabilità relativamente all’allarmismo dei primi giorni. Un mea culpa che non sembra a questo punto avere sortito una reale presa di coscienza sul ruolo esercitato e sul danno che una comunicazione errata può – più o meno direttamente – arrecare alla sicurezza e alla salute delle persone.

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