Senti chi parla

Chi non ha mai avuto la necessità delle tutele dell’articolo 18, concorda sulla necessità di modificarlo diminuendone l’efficacia. In questi giorni i dibattiti parlamentari e televisivi sono concentrati sui lavori relativi al Jobs Act, cioè l’ennesima riforma del lavoro chiamata in un modo che buona parte dell’opinione pubblica percepisce come qualcosa di nuovo. Oltre all’ennesima…

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Chi non ha mai avuto la necessità delle tutele dell’articolo 18, concorda sulla necessità di modificarlo diminuendone l’efficacia.

In questi giorni i dibattiti parlamentari e televisivi sono concentrati sui lavori relativi al Jobs Act, cioè l’ennesima riforma del lavoro chiamata in un modo che buona parte dell’opinione pubblica percepisce come qualcosa di nuovo.

Oltre all’ennesima riforma del lavoro, ultima di un lungo processo per tentativi ed errori (per adesso sembrano prevalere i secondi), si tratta dell’ennesimo attacco allo statuto dei lavoratori. A parte il tentativo di modifica dell’articolo 13 sul demansionamento di cui pochissimi parlano, e che può essere ritenuto obsoleto anche se personalmente non mi fido delle persone che vorrebbero modificarlo, si tratta dell’ultimo tentativo, in ordine di tempo, di modifica/abolizione dell’articolo 18.

Prendo per scontato il fatto che chi legge sa di cosa stiamo parlando. Non voglio neanche addentrarmi nella discussione se sia giusto o sbagliato, necessario, opportuno o meno una modifica dell’art. 18. Ormai abbiamo sentito tutto e il contrario di tutto. Il punto è un altro. La cultura del 21° secolo è evidentemente caratterizzata dal desiderio dei popoli di condivisione e partecipazione agli obiettivi strategici che li riguardano, siano essi aziendali o statali. In questa situazione, un fattore così delicato dell’ordinamento giuridico sulla tutela dei lavoratori, in un momento storico così delicato, chi pensa di modificare lo statuto dei lavoratori? Renzi & Co.!? Ma loro si sono mai trovati nella situazione di sentirsi tutelati dagli articoli 13 e 18? Soprattutto Renzi, a giudicare dalle notizie apparse sulla carriera lavorativa nell’azienda del padre parrebbe proprio di no, non solo perchè il padre non si sognerebbe di licenziarlo e lui di denunciarlo, ma perchè l’azienda è talmente piccola (come tantissime) che per lui non si sarebbe applicato.

Già ci troviamo con un numero imprecisato di contratti atipici, contratti a tempo determinato a go-go, finte partite iva come fosse antani e non parliamo dei disoccupati, esodati, cassintegrati e chi più ne ha più ne metta. Che intervengano sugli errori mastodontici commessi in questi anni, piuttosto che generarne di nuovi. Oppure facciamo un bel referendum, introduciamo il licenziamento facile ed il demansionamento anche per lor signori parlamentari. Però dopo il Jobs Act.

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