Prende forma il nuovo assetto dell’assistenza territoriale con l’approvazione del c.d. “DM 71“. Una necessità non più rinviabile dopo le evidenti carenze e inadeguatezze che sono emerse anche con la pandemia. Ne avevo già parlato in un articolo di marzo 2021 ed oggi, grazie ai fondi del PNRR, è stata tracciata la strada per questa importantissima riforma.
L’aumento della prossimità del SSN alla popolazione passa per una revisione complessiva che ha tra i punti cardine la stratificazione della popolazione, l’analisi del bisogno di salute, la personalizzazione dell’assistenza e l’innovazione tecnologica applicata all’assistenza territoriale.
Il DM 71 detta gli standard e i criteri di diffusione delle nuove strutture e di quelle esistenti sotto il profilo numerico e dei modelli organizzativi. Dal Numero Unico per le Cure non Urgenti (116117) alla Centrale Operativa Territoriale che gestisce le interconnessioni tra Ospedali di Comunità, Case della Comunità, Assistenza Domiciliare e Hospice garantendo una “regia” in grado di accompagnare la persona che entra nel SSN, gestire le connessioni e gli aggiornamenti del fascicolo sanitario elettronico e molto altro.
A seguire lo schema del nuovo assetto presentato al 16mo Forum Risk Management in Sanità di fine 2021 e che potrete scaricare integralmente in fondo a questo articolo:
Qualcosa si muove e la possibilità di sfruttare le ingenti somme del PNRR permettono una vera riforma del sistema che andrà anche a ridurre il carico sulle strutture ospedaliere.
In questi giorni sentiamo voci “autorevoli” che vorrebbero in effetti risolvere il problema degli accessi impropri al pronto soccorso attraverso la medicalizzazione massiccia del sistema 118. A parte che la carenza di medici che affligge il settore dell’emergenza urgenza è dovuto anche (ma non soltanto) all’effettiva mancanza di specialisti a disposizione più che all’assenza di volontà nell’assumerli, ci sarebbe anche da considerare un altro punto. Il sistema 118 è infatti la connessione tra il DEA ospedaliero e la sanità territoriale per quei casi di Emergenza-Urgenza non gestibili a domicilio o nelle strutture territoriali non ospedaliere (RSA, Hospice…). Pensare di renderlo un sistema di cure domiciliari alternativo all’assistenza territoriale è assurdo e improprio oltre che inutilmente costoso e pericoloso.
Mentre c’è chi sogna una lottizzazione del 118, fortunatamente ai piani alti c’è invece chi ha lavorato per dare la soluzione al vero problema. Ovvero quello di un sistema di cure territoriali vetusto, incompleto e sotto qualche aspetto inefficiente. Infatti ciò che porta le persone verso l’ospedale per problemi minori è proprio la mancanza ho la tardiva risposta del sistema territoriale. Ridurre accessi al pronto soccorso e ricoveri impropri lasciando a casa le persone, senza una effettiva e globale presa in carico non è certamente la soluzione.
Tornando alle cose serie, rilevo con piacere che la figura dell’Infermiere di famiglia di cui si era parlato nei mesi caldi della pandemia, non è diventato il solito slogan utilizzato per uscire dall’impasse di una situazione estemporanea e di un sistema che palesava tutte le proprie fragilità per poi essere rimesso nel cassetto delle cose che farà qualcun altro.
Infatti all’infermiere viene definito un ruolo da protagonista nel modelle complessivo:
Viene inoltre identificato come “un professionista con un forte orientamento alla gestione proattiva della salute. È coinvolto in attività di promozione, prevenzione e gestione partecipativa dei processi di salute individuali, familiari e di comunità all’interno del sistema dell’assistenza sanitaria territoriale nei diversi setting assistenziali in cui essa si articola”.
Lo standard quantitativo previsto nel DM71 è di almeno 1 Infermiere di Famiglia/Comunità ogni 3.000 abitanti. Tale standard è da intendersi come numero complessivo di Infermieri di Famiglia e Comunità impiegati nei diversi setting assistenziali in cui l’assistenza territoriale si articola.
Questo sarebbe un gran passo avanti e la vera soluzione, integrata nel modello complessivo, utile a far percepire alla popolazione di non essere abbandonati a se stessi. L’infermiere è da sempre il punto di riferimento più vicino al paziente, quello che è in grado di dedicargli molto più tempo e con il quale il più delle volte si stringe una relazione non viziata dall’aspetto di autorevolezza generalmente riconosciuto al medico, quindi spesso più efficace nell’individuazione precoce dei problemi e dei bisogni.
Per chi volesse leggere un abstract del provvedimento invito a leggere questo articolo sul sito FNOPI. In alternativa o se volete scaricarlo per una successiva lettura, allego il provvedimento completo e le slide di presentazione di AGENAS del Forum Risk Management.